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"Colori nebulizzati, neutralizzati, neutrinizzati in una specie di fittissima e turbinosa danza molecolare, dove il giallo o l'azzurro sono impiegati, sì, ma come vittime sacrificali indispensabili per alimentare la voracità di un bianco e nero severo, onnicomprensivo, ontologico. Oggetti colossali che emergono dal buio per accamparsi nel quadro quasi fossero forme platoniche. Ora è una splendida ciotola, obliqua, a rivelarsi vuota, ora una gabbia, lambita dalla luce; ora è una strana canna fumaria (un metronomo? un monaco?), ora una scatola, anch'essa vuota, dal bordo basso colto in prospettiva. E questo vuoto, per Marco Tirelli, sta ad evocare il sentimento beckettiano dell'attesa, e insieme della virtualità: uno spazio che attende di essere colmato". (Valerio Magrelli)